martedì 26 giugno 2018

La scimmia nuda in bicicletta



Finalmente mi ero deciso, è come fare un salto nel vuoto uscire dalla routine quotidiana, avevo un passato da sportivo che mi era d’aiuto, ma ci misi più di un anno prima di cambiare.
La mia nuova casa era finalmente vicina al posto di lavoro.
Basta fare il pendolare.
Basta inquinare con la mia vecchia Fiat 600 a benzina, finalmente potevo realizzare il mio sogno: tragitto casa lavoro in bicicletta.
Rimandavo sempre al giorno dopo, avevo paura di fatica, vento, pioggia e soprattutto delle automobili, ma piano piano ho preso forza e convinzione.
Riprendo la mia vecchia bici da corsa degli anni ‘90 e la rimetto a posto, le leve del cambio non vanno più e le sostituisco, compro anche dei parafanghi per evitare di sporcarmi se l’asfalto è bagnato, da Decathlon trovo anche catarifrangenti, luci di ogni tipo ed un nuovo sellino, ma la prima cosa che acquisto è un nuovo casco, quello vecchio sicuramente aveva superato ogni scadenza tecnica.
Tutto era iniziare, trovo tre percorsi differenti per compiere quei cinque, sei chilometri, gli inquilini del palazzo mi notano e ammirano la mia decisione, al contrario, a lavoro molti rosicano, invidia di cosa? Si, vero, sotto il punto di vista ambientale e della salute mi sento superiore a molti miei superiori.

Erano tre anni prima che Francesco Gabbani vincesse a San Remo cantando insieme a quella scimmia danzante che richiamava il titolo di un best seller di divulgazione scientifica.
Una mattina di febbraio, con la mia bicicletta stavo fermo con il piede sul pedale semi fissato tramite una cinghietta e l’altro sul marciapiede che mi serviva come rialzo per poter rimanere seduto sulla mia nuova sella “antiprostata” incavata al centro, anche questa novità me la sognavo quando gareggiavo, la cinghietta sui pedali, invece, mi permetteva il richiamo del pedale anche da dietro facendo lavorare più fasce muscolari possibili ottenendo quella che nel gergo ciclistico viene chiamata “pedalata rotonda”.
Più che attendere il semaforo verde osservavo le auto sfrecciare sulla strada principale perpendicolare alla mia posizione e quando le vidi fermarsi, ovvero il semaforo per loro era diventato rosso, ripresi la mia corsa attraversando quell’ampio incrocio totalmente libero.
Ammetto di essere passato col rosso, visto che era risaputo in tutto il quartiere che vi era un ritardo di circa quattro secondi tra i due semafori, lo sapeva anche la polizia municipale ed in particolare quel poliziotto prossimo alla pensione che quella mattina voleva divertirsi un po'.

In piena curva, poco dopo aver superato l’incrocio, una pattuglia della municipale mi raggiunge a piena velocità, si affianca, scala la marcia per frenare e dal finestrino mi dicono di fermarmi.
Accosto e vedendomi in curva mi metto sul marciapiede con tutta la bicicletta.

- Pensi di fare come cavolo di pare solo perché stai in bicicletta?

Avrà avuto quasi 60 anni, si vedeva che era prossimo alla pensione, magari era una delle sue ultime pattuglie, al contrario, alla guida c’era un giovane, che rimase in silenzio, credo provasse un po’ di vergogna.

- Ho visto le macchine ferme al semaforo e d’istinto sono partito.

Iniziò a studiarmi dalla testa ai piedi per poi passare alla bicicletta dove rimase più tempo ad osservarla.

- Questo è un veicolo a tutti gli effetti e deve rispettare il codice della strada, manca il campanello.
- Il campanello?
- Si, ha le luci, ha anche i catarifrangenti sulle ruote come previsto ma manca il campanello.

Il giovane conduttore si arricciò il naso guardandoci solo con la punta degli occhi, forse l’anziano poliziotto voleva dimostrargli come si fa una contravvenzione? Non so, resta il fatto che cercava lo scontro con me.
Da giovane avevo letto i testi di Desmond Morris, famoso divulgatore scientifico sulla sociobiologia umana. La scimmia nuda si svegliò in me, in quei testi avevo appreso su come comportarsi quando la polizia ci ferma.

- Ha perfettamente ragione, ammetto l’irregolarità, manca il campanello, provvederò oggi stesso, faccia il suo lavoro, ho sbagliato, pagherò.
- ...Va bene, oggi la lasciamo andare, ma la prossima volta se non è in regola…
- Grazie, mi impegnerò per esserlo sempre, a partire dal casco.
- …Veramente riguardo ai velocipedi l’utilizzo del casco non è previsto nel codice della strada…
- Grazie, per sicurezza lo metterò sempre ugualmente ma prima devo mettermi a posto con il campanello come giustamente mi ha fatto notare.

I consigli dell’autore di “La Scimmia Nuda” mi aiutarono ad evitare la multa.
La mia vecchia bici da corsa spoglia di tutti gli accessori e leggerissima come ogni bicicletta competitiva ora ha parafanghi, catarifrangenti, luci e campanello.
Negli anni ‘90 ci avevo fatto circa 80.000km e come ogni altro ciclista professionista, dilettante, amatore o semplice appassionato non avevo mai avuto problemi di questo tipo ma il codice della strada è chiaro.
Paradossalmente se una bici non ha nessun accessorio previsto viene lasciata stare, ma basta che ha dei parafanghi e si va a cercare tutto il resto fino al campanello, il casco invece, per quanto sia importante per la sicurezza, non è obbligatorio.
Nonostante lo abbia montato ormai da anni non l’ho mai usato, preferisco urlare se occorre e comunque in caso di pericolo le mani le uso per frenare e non per suonare, si vero, se capita urlo, in bici mi sento un po’ animale, le endorfine sprigionate durante lo sforzo fisico disinibiscono liberando l’animale che è in noi. Per fortuna usiamo sempre l’intelligenza e, come in questo caso, la scimmia nuda che è in me, in bicicletta come nella vita, sa che per aver ragione bisogna dar ragione.





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