Antonio, funambolo equilibrista, lentamente, passo dopo passo, era giunto a metà del suo percorso. Quel punto della corda, la metà precisa, era il più pericoloso, anche se tesa era pur sempre un’altalena che oscillava rendendo il tutto più difficile e la vera sfida era mantenere la calma e lasciar andare quegli automatismi allenati nel tempo che, con piccoli movimenti, compensavano il pericolo con l’euforia.
Finito lo spettacolo Antonio se ne andò
a casa ma d’avanti alla porta mettendo le mani in tasca non trovò
le chiavi, disperato rifece tutta la strada indietro fino al Circo,
inutilmente, esausto si sdraiò stanco su una panchina del parco in
una calda sera d’estate e si addormentò.
Si svegliò il mattino scoprendo di non
avere più il portafoglio, derubato nella notte andò di corsa alla
stazione di polizia dove scoprì con sorpresa altrettanti ed
innumerevoli casi di smarrimento di chiavi e furti di portafogli,
persone con le stesse esperienze che dopo la disperazione iniziale se
ne erano fatti una ragione.
Non si sentì più solo nella sfortuna
ed anche lui se ne fece una ragione.
Antonio aveva capito che l’essere
umano era fatto per trovare un equilibrio, anche se costretto a
camminare su una corda.
Ma anche quella era un’illusione.
E come ogni essere umano, si rese conto
dell’illusione di un mondo tutto suo, creato apposta e plasmato su
se stessi al fine di ritrovare l’equilibrio.
Ognuno, convinto di essere al centro
dell’universo vedeva tutti gli altri in bilico, bastava un soffio
per farli cadere dalla corda.
Ritornando a casa, alla luce del sole,
sorprendentemente ritrovò le chiavi cadute ai margini del
marciapiede, pochi istanti dopo la polizia lo chiamò spiegando di
aver recuperato il portafoglio con tutti i documenti e le varie carte
di pagamento, mancavano solo pochi spiccioli.
Contentissimo, la sera al Circo,
durante il solito numero della corda, fingendo di cadere, Antonio
decise di saltare, tra le urla di stupore del pubblico finì sulla
rete di protezione che lo accolse dolcemente.
Sdraiato guardava in alto immaginando
le stelle che stavano oltre il tendone mentre immaginava lo stupore
del pubblico preoccupato o divertito e solo così si ritrovò di
nuovo in equilibrio con se stesso.