mercoledì 2 novembre 2011

nirvana


Sorrideva, anche se era stato appena sbattuto in prigione.
Rideva per l’assurdità dell’essere umano e del mondo che popolava.
Francesco aveva solo un blog su internet sul quale scriveva storie per bambini, la sua passione, inventava favole nelle quali trovare una morale, unica cosa vera in quei mondi pieni di fantasia.
La Terra era abitata da gente che sognava e spesso sbagliava senza rendersene conto.
La convinzione era il più grande errore.
I servizi segreti governativi erano fatti di uomini bravi, meno bravi, fortunati e raccomandati e spesso le loro conclusioni non rispettavano decisioni democratiche.
Sognavano, avevano le loro idee, usavano la fantasia per risolvere problemi ma anche per crearne altri, senza contare che la fantasia li portava a credere in realtà distorte.
La risata di Francesco se non sembrava distorta di sicuro non era in sincronia con il capo di imputazione: strage di innocenti.
I sevizi segreti avevano trovato nel suo blog, nascosti tra le favole, dei codici, ordini riguardo al dove, al come e al quando.
Francesco avrebbe diretto il massacro di molti innocenti.
La complessità della faccenda era dovuta anche al paese nel quale Francesco viveva, oltre che al periodo storico, in tempo di globalizzazione la classe politica spingeva verso il rafforzamento dell’identità nazionale dando ampio spazio, soprattutto economico, alle istituzioni.
Fatto sta che matematici, fisici ed ingegneri, una volta laureati, trovavano una buona sistemazione lavorando in quei settori.
Fu proprio un team di super cervelli a ideare formule ed equazioni tramite le quali dalle favole di Francesco uscì fuori quel codice di morte.
Eppure Francesco continuava a sorridere perché sapeva di essere innocente e tutto una casualità.
Le equazioni, ovviamente, avevano il loro margine d’errore, ma quest’ultimo veniva compensato da altrettante equazioni, era questo l’errore più grande.
Un terrorismo sempre più caotico e complicato da decifrare andava combattuto con le giuste armi: raffinati e complicati strumenti matematici.
Passarono sette notti, Francesco non chiudeva occhio, si svegliava dalle 30 alle 40 volte in quelle 3 ore nelle quali provava con tutte le forze a dormire.
Ovvio che non accettava quella situazione.
La complessità di questo mondo implicava che bastasse il battito d’ali di una farfalla in Cina per provocare un uragano in America e così Francesco si sentiva, un uragano uscito fuori dal nulla.
L’assurdo è che un mondo governato dal determinismo non sarebbe piaciuto a nessuno anche se chiunque l’avrebbe desiderato, fatto sta che quell’orribile ed ingiusta condanna era dettata dall’illusione del determinismo.
Anche l’economia e la finanza avevano fallito rifugiandosi nell’illusione.
Nessuno teneva conto che i matematici al servizio delle istituzioni erano gli stessi che stavano al servizio delle grandi banche, ottimo posto, soprattutto per chi, con la stessa banca, doveva estinguere il debito utilizzato per frequentare le costose università private, un tentativo comunque dovuto verso chi li aveva aiutati negli studi.
Nessuno teneva conto che quel tentativo di dare forma matematica al rischio finanziario, ottimizzandolo, aveva fatto flop.
Il team di matematici che incastrò Francesco vinse il nobel dal momento che non ci fu nessuna crisi di giustizia ma, al contrario, si era trovato un colpevole per quegli innocenti.
D’altra parte, se non ci fosse stata la crisi finanziaria, nessuno nel mondo dell’economia e della finanza, si sarebbe accorto della fallacità e assurdità di certe teorie e delle loro complicatissime formule ed equazioni.
Francesco dopo sette notti riuscì a dormire, aveva finalmente trovato pace e compreso il mondo nel quale viveva, l’aveva accettato, era andata così, un incidente, un errore irreparabile del sistema.
Condannato a morte non gli interessava neanche se un giorno si sarebbe giunti ad una verità che lo scagionasse.
Francesco aveva raggiunto il nirvana ed ora il mondo gli sembrava il giusto Paradiso per corpo e anima ed era contento di averlo vissuto negli aspetti più belli: i suoi errori.