venerdì 1 giugno 2018

IL BAMBINO VENUTO DA LONTANO

IL BAMBINO VENUTO DA LONTANO




- Ciao, contento di rivederti.
Un bambino si siede sulla panchina vicino ad un vecchio che inizia a scrutarlo.
- Ciao, forse sbagli persona, non mi ricordo di te, la mamma non ti ha detto di non parlare con gli sconosciuti?
- Noi ci conosciamo, ma non puoi ricordarti di me, sono passati troppi anni e ho viaggiato tanto, ci tenevo a rivederti ma tra un po’ devo ripartire.
- Hai viaggiato? E dove sei stato di bello? Sei un bambino cosa intendi per tanto?
- Beh, conosci Michelson e Morley?
- Ah.. già, insegnavo all’università del loro esperimento, presero la luce più bella e potente, quella del sole e tramite degli specchi la diressero sia ad est che ad ovest pensando che, visto che la terra girava, la luce doveva per forza di cose sembrare rallentare se viaggiava nello stesso verso con il quale girava la terra, eppure le due velocità della luce, sia verso est che verso ovest rimanevano uguali, un mistero, ma cosa centra ora?
- Ohh, non sapevo che fossi diventato un professore universitario, complimenti.
- Allora vedi che sbagli persona? Mi hai scambiato per qualcun altro.
- No no, ci conosciamo bene, allora sai che visto che la velocità della luce non cambia per forza di cose devono essere lo spazio ed il tempo a cambiare.
- Si, giusto, per far diventare una velocità alta identica ad una velocità bassa basta calcolarla contando più lentamente, ad altissime velocità il tempo rallenta, ce lo ha insegnato Albert Einstein -
- Non lo conosco, mi hanno parlato solo di Michelson e Morley. -
- Chi ti ha parlato di queste cose? E’ astrofisica la insegnavo all’università.
- Chi mi ha portato qua e mi ha permesso di incontrarti.
- E chi è?
- Ormai è la mia famiglia, li conosco poco ma appena mi hanno riportato qui ho visto che è tutto cambiato, non riconosco più niente.. neanche te fratellino. -
Il bambino allunga il braccio e con la mano da una leggera carezza sul dorso della mano del vecchietto, - ciao, devo ripartire, sono contento di averti rivisto. Ciaoo…
Il bambino si rialza dalla panchina fa due passi indietro, si rivolta e scappa via.
Il vecchietto lo guarda perplesso, rimane muto, immobile ed incredulo.

- Papà, ho fatto tutto quello che mi hai detto, - dice il bambino al padre dopo aver girato esternamente intorno al parco, ora vedono il vecchietto di spalle coperti dalla ringhiera ed alcuni cespugli e notano che è rimasto seduto.
- Bravo, vedi come gli somigliavi? - Il padre tira fuori dalla tasca una vecchia foto di giornale ritraente un bambino e continua, - Se sono diventato quello che sono ora lo devo al professore che ha creduto in me da giovane, – con lo sguardo indica il vecchietto, - in confidenza una volta mi raccontò di suo fratello gemello scomparso quando erano ancora bambini, la polizia non ne era venuta a capo e qualcuno ipotizzò addirittura che fu rapito dagli alieni, ebbene mi confessò che da li gli partì l’idea di studiare astrofisica. Un giorno in aula ci spiegò il paradosso dei gemelli di Albert Einstein dove uno dei due gemelli viaggiando nello spazio ritornava sulla terra e rincontrava suo fratello invecchiato, si accorse di come lo guardavo mentre spiegava il paradosso, solo io avevo notato che dietro il suo racconto c’era dell’altro, era impercettibile ma c’era, per questo, in privato, decise di confidarsi con me e, come mi disse, solo con me a parte i famigliari e le indagini di tanti anni prima.
- Papà gli ho raccontato una bugia, io non sono suo fratello.
- Esistono bugie e bugie, anch’io per anni ti ho raccontato di Babbo Natale.
- Si, ma l’abbiamo preso in giro.
- No. Se non lo sa, no. Non lo abbiamo derubato, non lo abbiamo privato di qualcosa, anzi... Forse l’abbiamo illuso, ma se non lo sa non potrà mai essere un’illusione, sarà un sogno, una magia, una speranza.



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