IL BAMBINO VENUTO DA LONTANO
-
Ciao, contento di
rivederti.
Un
bambino si siede sulla panchina vicino ad un vecchio che inizia a
scrutarlo.
-
Ciao, forse sbagli persona, non mi ricordo di te, la mamma non ti ha
detto di non parlare con gli sconosciuti?
-
Noi ci conosciamo, ma non puoi ricordarti di me, sono passati troppi
anni e ho viaggiato tanto, ci tenevo a rivederti ma tra un po’ devo
ripartire.
-
Hai viaggiato? E dove sei stato di bello? Sei un bambino cosa intendi
per tanto?
-
Beh, conosci Michelson e Morley?
-
Ah.. già, insegnavo all’università del loro esperimento, presero
la luce più bella e potente, quella del sole e tramite degli specchi
la diressero sia ad est che ad ovest pensando che, visto che la terra
girava, la luce doveva per forza di cose sembrare rallentare se
viaggiava nello stesso verso con il quale girava la terra, eppure le
due velocità della luce, sia verso est che verso ovest rimanevano
uguali, un mistero, ma cosa centra ora?
-
Ohh, non sapevo che fossi diventato un professore universitario,
complimenti.
-
Allora vedi che sbagli persona? Mi hai scambiato per qualcun altro.
-
No no, ci conosciamo bene, allora sai che visto che la velocità
della luce non cambia per forza di cose devono essere lo spazio ed il
tempo a cambiare.
-
Si, giusto, per far diventare una velocità alta identica ad una
velocità bassa basta calcolarla contando più lentamente, ad
altissime velocità il tempo rallenta, ce lo ha insegnato Albert
Einstein -
-
Non lo conosco, mi hanno parlato solo di Michelson e Morley. -
-
Chi ti ha parlato di queste cose? E’ astrofisica la insegnavo
all’università.
-
Chi mi ha portato qua e mi ha permesso di incontrarti.
-
E chi è?
-
Ormai è la mia famiglia, li conosco poco ma appena mi hanno
riportato qui ho visto che è tutto cambiato, non riconosco più
niente.. neanche te fratellino. -
Il
bambino allunga il braccio e con la mano da una leggera carezza sul
dorso della mano del vecchietto, - ciao, devo ripartire, sono
contento di averti rivisto. Ciaoo…
Il
bambino si rialza dalla panchina fa due passi indietro, si rivolta e
scappa via.
Il
vecchietto lo guarda perplesso, rimane muto, immobile ed incredulo.
-
Papà, ho fatto tutto quello che mi hai detto, - dice il bambino al
padre dopo aver girato esternamente intorno al parco, ora vedono il
vecchietto di spalle coperti dalla ringhiera ed alcuni cespugli e
notano che è rimasto seduto.
-
Bravo, vedi come gli somigliavi? - Il padre tira fuori dalla tasca
una vecchia foto di giornale ritraente un bambino e continua, - Se
sono diventato quello che sono ora lo devo al professore che ha
creduto in me da giovane, – con lo sguardo indica il vecchietto, -
in confidenza una volta mi raccontò di suo fratello gemello
scomparso quando erano ancora bambini, la polizia non ne era venuta a
capo e qualcuno ipotizzò addirittura che fu rapito dagli alieni,
ebbene mi confessò che da li gli partì l’idea di studiare
astrofisica. Un giorno in aula ci spiegò il paradosso dei gemelli di
Albert Einstein dove uno dei due gemelli viaggiando nello spazio
ritornava sulla terra e rincontrava suo fratello invecchiato, si
accorse di come lo guardavo mentre spiegava il paradosso, solo io
avevo notato che dietro il suo racconto c’era dell’altro, era
impercettibile ma c’era, per questo, in privato, decise di
confidarsi con me e, come mi disse, solo con me a parte i famigliari
e le indagini di tanti anni prima.
-
Papà gli ho raccontato una bugia, io non sono suo fratello.
-
Esistono bugie e bugie, anch’io per anni ti ho raccontato di Babbo
Natale.
-
Si, ma l’abbiamo preso in giro.
-
No. Se non lo sa, no. Non lo abbiamo derubato, non lo abbiamo privato
di qualcosa, anzi... Forse l’abbiamo illuso, ma se non lo sa non
potrà mai essere un’illusione, sarà un sogno, una magia, una
speranza.
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