martedì 5 giugno 2018

Cade un albero


CADE UN ALBERO








Cade un albero.
Mario, una guardia del Corpo forestale dello Stato, lo vede morto disteso sul terreno nel Parco nazionale del Pollino a cavallo tra la Basilicata e la Calabria. ‘Deve essere caduto questa notte’ pensa ‘ieri era tutto a posto...’
Chiama la centrale ed in giornata intervengono, rimuovono l’albero ridando ordine al bosco convinti di aver fatto la cosa giusta, si vero, così il bosco è più bello e poi quell’albero a terra poteva essere un pericolo.
Giudizi del tutto soggettivi.
Anni dopo Mario e tutto il Corpo Forestale capisce di aver sbagliato.
Se si decide di lasciare incontaminata la natura bisogna farlo senza intervenire, un albero caduto è un importante tassello nel mosaico della vita, gli organismi decompositori come i batteri ed i funghi demoliscono la materia organica rilasciando carbonio e altri elementi chimici come azoto e fosforo che diventano nuovamente disponibili per altri organismi viventi. In questo modo i decompositori permettendo il riciclo delle sostanze nutritive e forniscono un servizio essenziale per il mantenimento della vita sul nostro pianeta.
Anni più tardi, esattamente nel dicembre del 2016, il Corpo forestale dello Stato fu sciolto ed inglobato nell’Arma dei Carabinieri. In quegli anni anche l’Esercito ed in particolare il Comando Forze Operative Sud provò ad intraprendere una politica ambientale che pretendeva il censimento della flora delle caserme italiane (alcuni ufficiali dell’esercito si dovettero improvvisare botanici) e qualche colonnello propose, ignorando i principi fondamentali del ciclo della vita, la rimozione degli alberi caduti nelle vaste zone boschive di esercitazione. L’iniziativa non ebbe seguito.

Ludovico (anche questo nome di fantasia di una storia verosimile) sin da bambino fu un appassionato di botanica, il padre Mario gli aveva trasmesso questa passione tramite il suo lavoro come guardia forestale, indimenticabili erano le gite domenicali nel Parco nazionale dove aveva un accesso speciale, lì il piccolo Ludovico imparò tanto sulla natura grazie al padre.
Il ragazzo da alcuni anni viveva in affitto a Roma come studente universitario.
Un lunedì mattina si stava recando con lo scooter presso l’Università “La Sapienza” per discutere la propria tesi di laurea in biologia.
Percorreva la Cristoforo Colombo quando arrivò improvvisamente una raffica di vento ed un albero barcollante, che tra l’altro era anche legato per sicurezza ad un cartellone pubblicitario, si spezzò e cadde. Davanti a lui un’auto che non si accorse di niente e proseguì indisturbata. Un altro motociclista dietro di lui ebbe invece tutto il tempo per fermarsi evitando l’impatto e si apprestò subito a dare i primi soccorsi.
Ludovico colpito in testa da un pesantissimo ramo morì sul colpo, il casco si frantumò e frammenti di materia grigia schizzarono fino a due metri di distanza dal cranio.
La tesi che il giovane doveva discutere quel giorno all’università trattava la flora urbana ed ampi spazi erano dedicati agli alberi e la loro fondamentale importanza nel sistema di rapporti equilibrati che consentono il mantenimento della vita sulla Terra.
Gli alberi sono fondamentali in ambito urbano dal momento che assorbono anidride carbonica e rilasciamo ossigeno, ma vengono trattati male e tutti ignorano che la folata di vento che li fa cadere è solo il colpo di grazia.
Piantiamo alberi in pochi metri quadri senza pensare allo spazio che hanno bisogno le radici per sorreggerli e magari li piantiamo in uno strato di terreno di pochi decimetri riportato su una base di ghiaia e ruderi.
Spesso tagliamo le radici per far passare cavi elettrici e tubature impedendo all’albero di sorreggersi e siamo convinti che potandoli si possa evitare l’effetto vela che li farebbe cadere senza pensare al danno biologico che l’albero subisce, tali ferite facilitano l’azione di insetti e funghi che ammalano il legno rendendolo più fragile.
Inoltre capita spesso di costruire edifici dove c’erano già alberi e le nuove correnti di venti che si formano alle quali gli alberi non erano abituati ne modificano l’esistenza rendendoli più fragili.

I giornalisti scrissero di un albero assassino, di una circostanza sfortunata e del cambiamento climatico.
Nulla di tutto questo, un albero trattato male e condannato a cadere non può essere considerato un assassino e una folata di vento che si abbatte su un albero già barcollante per colpe non sue non centra niente con il cambiamento climatico.
Il caso volle che un albero cadde in testa ad uno che comprendeva benissimo perché gli alberi cadono e sapeva, come aveva imparato da tempo suo padre, che la loro morte faceva parte del ciclo della vita.
L’albero venne rimosso ed il suo legno servì per la costruzione di preziose panchine pubbliche a favore di un parco comunale vicino Ostia che ne era privo.

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