domenica 5 agosto 2018

Partendo da un neutrino...



Un neutrino aveva fatto centro, la particella elementare quasi priva di massa era sfrecciata attraverso i sensori dell’IceCube, un osservatorio di neutrini sepolto nei ghiacciai polari. Era un neutrino raro con un’elevata energia; l’IceCube inviò all’istante dati come giorno, ora, e direzione di provenienza dallo spazio ai centri di astronomia che si misero a scrutare il cielo in quella direzione trovando solo un piccolo lampo che, una volta analizzato, purtroppo non aveva nulla a che fare con il neutrino.
La direzione comunque era quella e solo un rilevatore di onde gravitazionali scoprì la presenza di un blazar, un massiccio buco nero più distante del lampo. Da lì arrivava il neutrino.
I radiotelescopi analizzando i raggi gamma notarono che quel lampo era dovuto all’accelerazione di qualcosa di piccolo ma con tanta energia diretto proprio verso di loro seppur ad una distanza enorme.
L’astronomia multi-messaggero basata su analisi ottiche, radioastronomiche e gravitazionali piano piano riusciva a ricostruire l’accaduto svelandone il mistero. Ogni nuova scoperta astronomica era un altro tassello del puzzle, un passo avanti nel capire l’universo, le sue leggi e l’origine dell’esistenza della materia e della vita.
Puntando verso quel lampo posto a più di 100.000 anni luce di distanza - che tradotto significava che il fenomeno era accaduto 100.000 anni prima della sua osservazione- trovarono più avanti, sempre nelle vicinanze del blazar, una gigante rossa, ovvero quello che era lo stato finale della vita di una stella di piccola o media grandezza, probabilmente il lampo era partito da quelle parti.
Qualcuno ipotizzò che tale fenomeno fosse accreditabile ad un’ipotetica astronave in fuga da un pianeta orbitante attorno ad una stella morente posta in una galassia nella sua ultima fase di vita perché inghiottita dal suo massiccio buco nero centrale. Ulteriori calcoli dimostrarono che quell’accelerazione tendeva verso velocità di regime molto superiori alla velocità della luce e per le conoscenze scientifiche ciò era impossibile.
Molti sorrisero ma comunque, presumendo che quella direzione fosse sempre costante, i computer calcolarono il luogo di un possibile atterraggio.
Risultava in mezzo all’oceano, finanziarono le ricerche e dopo un anno, con molta sorpresa, la trovarono.
Con l’analisi al radiocarbonio scoprirono che il suo arrivo avvenne 90.000 anni prima, con cautela entrarono nell’astronave e videro al suo interno i resti di quello che fantascientificamente assomigliava ad un laboratorio di riproduzione di esseri viventi per via asessuata mentre sullo sfondo della sala di comando notarono un enorme disegno raffigurante il Sole ed i suoi pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Saturno, Giove, Urano, Nettuno e Plutone.
Nessuno conosceva quella stella e quei pianeti.
Una freccia indicava la Terra e riportava una scritta nella stessa identica scrittura e lingua utilizzata dai ricercatori:
La nostra galassia sta morendo e siamo partiti. Noi, come ora voi, veniamo tutti da qui’.

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